1947 – Un anno un libro
Inauguriamo una nuova rubrica dedicata ai libri: UN ANNO UN LIBRO.
Abbiamo scelto per ogni anno, a partire dal Dopoguerra ad oggi, un libro che fosse significativo da un punto di vista letterario e commerciale oltre che da un punto di vista storico.
Nel 1947 viene pubblicato “Se questo è un uomo” di Primo Levi.
“Considerate se questo è un uomo / Che lavora nel fango / Che non conosce pace / Che lotta per mezzo pane / Che muore per un sì o per un no.” Sono i versi introduttivi dell’opera, ispirati a una preghiera ebraica che ne spiegano il titolo. Libro-testimonianza dell’autore italiano Primo Levi di quanto visse nel campo di concentramento di Auschwitz.
Levi sopravvisse all’esperienza della deportazione e scrisse questo libro come testimonianza di un avvenimento storico tragico e non come atto di accusa. Il suo desiderio fu quello di condividere con gli altri la sua esperienza.
Il libro venne rifiutato diverse volte dalla casa editrice Einaudi e dai suoi consulenti editoriali e finalmente venne pubblicato nel 1947 dalla piccola casa editrice Francesco De Silva in 2500 copie.
Il libro incontrò la fortuna del pubblico solo nel 1958 quando la casa editrice Einaudi decise di pubblicarlo nella collana Saggi con un’introduzione di Italo Calvino.
La lettura di questo libro è un’esperienza intensa per il lettore che si immedesima molto nel protagonista.
La scrittura è essenziale e fondamentalmente descrittiva lasciando al lettore domande aperte e interrogativi di tipo morale.
Ritroviamo nel testo anche molti riferimenti all’inferno di Dante. Il viaggio verso il lager può essere visto come il trasporto delle anime da traghettare verso l’inferno attraversando il fiume Acheronte. Laddove un soldato del campo copre un ruolo simile a quello del tremendo nocchiero Caronte all’arrivo ad Auschwitz.
La tristemente nota scritta sul portone di accesso (Arbeit macht frei, il lavoro rende liberi) viene proposta come una riscrittura dell’incipit del terzo canto dell’Inferno: nella cantica dantesca, la frase riferita alla porta di ingresso (Per me si va nella città dolente, per me si va ne l’etterno dolore, per me si va tra la perduta gente) indica che attraverso quell’ingresso si accede al mondo dei dannati.
“Se questo è un uomo è un libro che per qualche tempo è rimasto confinato nel genere delle testimonianze, ma è molto di più, è un capolavoro letterario che, attraverso l’esperienza estrema di Auschwitz, ci parla dell’uomo, di quello che può fare nel bene e nel male, delle nostre responsabilità, ieri come oggi, perché, come dice lo stesso Primo Levi, l’idea che chi è straniero è automaticamente un nemico giace nascosta dentro di noi come un’infezione, ma quando diventa un sistema di pensiero può produrre degli atti e dei gesti che poi portano direttamente al lager. È accaduto, dunque può accadere nuovamente.”
Ernesto Ferrero.
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