Nella seconda puntata della serie “Interviste Vintage” le luci in sala calano e i riflettori puntano su una creator digitale, Serena Autorino, che ha fatto della sua passione per il vintage un lavoro a tempo pieno, creando contenuti sulle proprie piattaforme e facendo consulenze per brand e negozi.
Ma di questo parlerà meglio lei nelle domande che seguono. Noi vogliamo solo sottolineare brevemente come ci abbia colpito la sua preparazione nei riguardi di questo settore, che non si limita solo alla profonda conoscenza della storia della moda e dei negozi vintage, ma va ben oltre e tocca tematiche come la sostenibilità, i significati sociali del vestire, l’evolversi del vintage in un futuro prossimo e la consapevolezza di come tutto ciò coinvolgerà gli sviluppi del vestire negli anni a venire.
Dunque, cominciamo!
Ciao Serena, tu è anni che ti occupi, tra tante altre cose, di abbigliamento vintage (ci hai addirittura scritto una tesi magistrale e ora stai conseguendo un dottorato di ricerca sul tema). Come è maturato in te l’interesse per l’argomento?
Quando ero piccola mi piaceva “ravanare” negli armadi di casa, non sapevo che quello fosse vintage, per me era solo un mezzo per vestirmi in modo originale. Poi ho studiato moda e comunicazione e mi sono appassionata alla componente nostalgica, l’ho capita, l’ho approfondita e ho reso il vintage il mio principale interesse, non solo nella moda, ma in generale come linguaggio, come filtro del mondo. Oggi infatti il vintage non è solo il vestito di trent’anni fa che acquistiamo, è molto di più: è una categoria merceologica, ma anche un mondo di ispirazioni, di contenuti da rielaborare, in ogni settore.
Cosa risponderesti a qualcuno che ti dicesse che i vestiti sono cosa frivola, e che l’arte è altra cosa rispetto alla moda?
Direi che sa davvero poco allora di cosa la moda ha sempre rappresentato. Sono docente di un corso in vintage styling e storia della moda (presso Italian Image Institute) e una delle cose a cui tengo di più, illustrando i vari decenni, è far notare agli studenti come l’abbigliamento sia sempre stato uno specchio della società. Le persone lo adattavano ad esigenze pratiche (ad esempio durante le guerre, le donne indossano capi pratici per sostituire gli uomini al lavoro), lo usavano per ribellarsi ed esprimere i propri ideali (per esempio durante gli anni ’20 e ’60). I vestiti non sono mai solo vestiti.
Cosa significa per te, Serena, vestirti?
Significa appunto esprimere se stessi. L’ho sempre pensata così, da piccola volevo sempre distinguermi. Paradossalmente forse perché sono timida (all’inizio) e quindi voglio che i vestiti parlino per me ed esprimano tutta la mia personalità. Vestirsi è anche il gioco più divertente che tutti noi possiamo fare: ogni giorno, semplicemente aprendo il nostro armadio possiamo decidere chi vogliamo essere, cosa vogliamo comunicare. Chi apre il mio armadio infatti potrebbe avere difficoltà ad individuare un solo stile, perché la cosa più bella per me è cambiare in continuazione.
Quale è, nella storia della moda del Novecento, il tuo decennio preferito e perché? Oppure hai qualche icona di stile che ti appassiona in modo particolare?
Dal punto di vista della storia della moda, sicuramente gli anni ’60. Sono un decennio davvero affascinante e pieno di cambiamenti: capi come la minigonna significavano rivoluzione, ci sono tanti collegamenti con la musica, la moda diventa per tutti… Però ciò che io personalmente indosso di più sono gli anni ’80/’90, ovvero quelli che mi sono più familiari perché li trovavo nel guardaroba di mia mamma, quindi continuo a cercarli anche nel mio shopping. Alcune mie icone di stile del passato sono Twiggy, Katherine Hepburn, Bianca Jagger ma anche le più “recenti” Julia Roberts, Meg Ryan, Sarah Jessica Parker. Mi piace cercare ispirazioni in film e serie tv, ma anche in personaggi contemporanei che abbinano il vintage in modo moderno e originale (vedi ad esempio Leandra Medine).
Ci siamo divertite a creare alcuni outfit per questa intervista. Certo avendoli scelti tu, probabilmente tutti quanti in qualche modo ti rappresentano. Ma quale é il capo che più ti ha colpito e perché?
Tra i capi scelti, il mio preferito è sicuramente l’abito marrone di Gai Mattiolo. Un classico degli anni ’90 nelle linee, ma reso originale proprio dal colore, che non tutti sceglierebbero. Ogni capo ha una storia “comune”, che tutti possono riconoscere, ovvero appartiene ad un periodo, magari è qualcosa di simile ad un abito famoso di un film… ma poi i motivi che ci attirano sono prettamente personali, ad esempio questo mi ricorda tanti abiti di mia mamma che ama questo colore e le sta benissimo (siamo praticamente identiche, quindi rivedermi con cose del genere è come sfogliare un album di famiglia).
Noi ci siamo viste in occasione di Vestiaria Estate per la prima volta, e ci eri sembrata entusiasta del negozio… Ci racconti un po’ che cosa ti ha colpito del nostro punto vendita di Espinasse?
Trovo Di Mano In mano un progetto davvero ben realizzato, unico nel suo genere. Non solo per la parte moda, ma anche per l’arredamento e tutti gli altri settori come i libri e i vinili… mi piace molto l’idea dell’impegno sociale e il fatto che ci sia grandissima attenzione verso la scelta, fatta sempre con gusto e verso i prezzi, mai eccessivi… Anzi, ci sono tantissime occasioni. Lo store in Espinasse è davvero incantevole, anche dal punto di vista dello spazio, grazie alla sua luce e all’ampio soffitto, è un piacere perdersi a fare shopping.
Hai recentemente scritto un libro, “Grazie, è vintage“. Rispetto alle tematiche che tratta, a chi lo consiglieresti?
Il libro è pensato per essere utile soprattutto per chi vuole avvicinarsi al mondo del vintage e vuole quindi capirlo meglio sia da un punto di vista dell’acquisto pratico, sia storico e semantico. In molti del settore mi hanno comunque detto che offre spunti interessanti e piccole nozioni utili anche per chi è già “esperto”. Quindi direi che è adatto a tutti quelli che già amano il vintage e a quelli che vogliono innamorarsene.
Quale consideri essere il tuo più grande traguardo lavorativo?
Sicuramente la pubblicazione del libro è stato un sogno divenuto realtà. Ogni volta che qualcuno mi scrive per dirmi ce lo sta leggendo o che gli è piaciuto, è una grande soddisfazione. Un traguardo più personale che lavorativo, legato al vintage, è anche la borsa di studio per il dottorato che sto conseguendo, sul tema “Le opportunità del vintage per le aziende: dalla valorizzazione dell’heritage alla circolarità e l’upcycling con lo scopo di una moda più sostenibile”.
Hai altri progetti o attività legati al vintage in questo momento?
Diciamo che faccio tantissime cose, anche al di fuori del vintage. Al momento le cose in ballo sono: il dottorato, il mio lavoro sui social di contenuti e divulgazione, il corso a cui ho accennato, attività di consulenza per brand, negozi e progetti digitali legati al vintage.
Non siamo a un colloquio di lavoro ma… come e dove ti vedi fra cinque anni?
Spero sicuramente di fare sempre più consulenze e di essere identificata come una professionista ed esperta del settore. Il mio lavoro va in questa direzione.
E invece il mondo del vintage? In che direzione lo vedi andare e come prevedi si evolverà, poniamo, tra dieci anni?
Sicuramente il crescente interesse verso il vintage ha dei pro e dei contro. È bello che tante persone ne siano appassionate, ma purtroppo questo ha portato anche a una certa improvvisazione da parte di venditori non proprio esperti, che vogliono solo cavalcare l’onda. Un’altra conseguenza logica è che prima o poi il vintage si esaurirà e quindi diventerà una merce più preziosa. Quello che mi auguro quindi è che quello del futuro sarà un vintage più compreso e più selezionato, spero si crei una cultura del vintage, per rendere i consumatori più consapevoli di ciò che acquistano.
Ciò che possiamo intuire è che il vintage sarà sempre più presente anche in altre forme, come riciclo o upcycling… Nuovi modi di vestire e di creare moda più sostenibili e sarà sempre più moderno e digitale, anche grazie alle nuove generazioni.
Grazie mille Serena per le tue parole e tutti gli spunti di riflessione che ci hai regalato. Noi ti aspettiamo presto nei nostri negozi e approfittiamo per ricordare ai nostri lettori che ancora per qualche giorno ci sono i Saldi al 50% sul reparto abbigliamento solo nei nostri punti vendita di Milano e Cambiago. Anche i prodotti inseriti nel nostro negozio online, se acquistati in negozio, verranno scontati della metà del loro prezzo. Vi aspettiamo!