TRA SORGENTI E TERME NELLA TOSCANA DELL’OTTOCENTO
“La cosa più preziosa è l’acqua”: così inizia la prima ode Olimpica del poeta greco Pindaro.
Probabilmente la pensava come lui l’autore di una rarissima opera presente nel catalogo della libreria Dimanoinmano: “Storia naturale di tutte l’acque minerali di Toscana ed uso medico delle medesime”, stampato a Siena presso la Stamperia Piatti tra il 1833 e il 1835.
Sei volumi in cui vengono minuziosamente descritte tutte le sorgenti di acque minerali e termali di quello che era ai tempi il territorio del Granducato di Toscana: un lavoro immane, pensando anche all’epoca in cui venne realizzato, cominciato, secondo il racconto dell’autore nella prefazione, nel 1823 e che richiese quindi una decina d’anni di viaggi, ricognizioni sul posto, raccolta di campioni da analizzare e di testimonianze di medici. In effetti l’opera non voleva essere un trattato teorico sulle acque minerali, ma mirava a lavorare più sui fatti che sulle teorie, e in particolare sui fatti che “conosciuti dagli uomini possono apportar loro dei sommi vantaggi”.
Che l’acqua possa avere effetti terapeutici era noto fin dall’antichità: grandi costruttori di stabilimenti termali ad uso non solo igienico ma anche medico, furono i Romani, e già all’epoca la Toscana si rivelò la “terra d’acque” per eccellenza, con la sola concorrenza del Golfo di Napoli: diverse stazioni termali sono annotate nella Tabula Peutingeriana, la carta militare romana, di copia medievale, che mostra le vie e le terme più importanti dell’Impero. La tradizione idroterapica toscana non si spense neppure nel Medioevo e riprese vigore durante il Rinascimento: Lorenzo de’ Medici e sua moglie Clarice Orsini, andavano ogni anno a “passare le acque” presso Volterra ai Bagni di Morba (“Balnea ad Morba pellenda”), con tutto il loro seguito di umanisti, poeti e musici. Ancora oggi è visitabile lo stabilimento termale dei Bagni di Petriolo meta di principi e re nel XV secolo. In Val d’Orcia, a Bagno Vignoni, una piazza intera circondata da edifici quattrocenteschi è occupata da una grande vasca di acque tiepide. La tradizione continua nei secoli successivi: è del 1773 l’inizio della costruzione del Bagno Regio e delle Terme Leopoldine, fortemente volute da Pietro Leopoldo Asburgo-Lorena per valorizzare le storiche sorgenti del territorio di Montecatini, fino ad arrivare all’epoca d’oro del turismo termale, tra la fine dell’800 e gli anni ’50, con l’esplosione dei grandi stabilimenti Liberty e Déco dei Bagni di Lucca, di Chianciano e proprio di Montecatini, nei cui viali era possibile incontrare il meglio del jet set nazionale ed internazionale.
Si appoggia quindi ad una ricca tradizione il nostro autore nel compilare il suo catalogo di sorgenti, acque termali e depositi di fanghi terapeutici.
Non per niente la sua prima formazione è proprio in campo medico: Giuseppe Giulj, nato nel 1764 a Lorenzana (PI), esercita infatti come medico all’ospedale di Santa Maria Novella di Firenze, ma presto i suoi interessi e studi nel campo della botanica lo portarono a ricoprire la carica di professore di Botanica e Storia Naturale all’Università di Siena. E’ in questi anni che parte il suo progetto di ricognizione del territorio toscano per la classificazione di tutte le sorgenti di acque minerali, un lavoro, che per le sue caratteristiche coinvolge “il Medico, il Geologo, lo Statista, il Chimico, il proprietario dei terreni”.
La classificazione delle sorgenti avviene secondo due criteri: la divisione territoriale (il Granducato
viene diviso in 27 sezioni) e la composizione chimica delle acque.
Le sorgenti e gli stabilimenti termali esistenti vengono quindi descritti su base territoriale in opuscoli in cui l’autore inserisce una descrizione topografica del luogo, cenni geognostici sul terreno, rimandi ad una precedente eventuale storia letteraria, una descrizione fisica della sorgente, i risultati dell’esame chimico, l’applicazione medica dell’uso delle acque (in forma di bagno, docciatura o uso interno) e dei fanghi: interessanti i capitoli dedicati ai vari casi clinici, dei veri e propri spaccati sulla vita delle varie classi sociali del tempo. Se poi in loco c’erano già all’epoca degli stabilimenti termali, Giulj dà tutte le informazioni necessarie a chi volesse soggiornarvi: descrizione delle sale adibite ai bagni e degli alloggi annessi, calendario di apertura stagionale, presenza o meno di assistenza medica, regolamenti e costi. Il tutto raccontato con uno stile discorsivo che ci trasmette la capacità di Giulj di cogliere la bellezza dei luoghi spesso selvaggi che descrive con una percezione del senso quasi sacro da sempre legato al miracolo delle sorgenti d’acqua, ma anche l’occhio critico del medico che valuta il grado di pulizia delle vasche e delle stanze degli stabilimenti termali.
Viene quasi voglia di usare i volumi come guida per tornare a vedere che cosa ne è di tutte queste sorgenti…