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Case editrici italiane: Adelphi

Adelphi

La seconda casa editrice della nostra storia è Adelphi. Casa editrice milanese, il cui logo è per voi lettori sinonimo di affidabilità e qualità che da subito questa casa editrice riuscì a creare.

Il logo stesso della casa editrice Adelphi è un antico pittogramma cinese “della luna nuova” simbolo di morte e rinascita. Il significato risale alle circostanze della nascita della casa editrice: Luciano Foà lasciò la casa editrice Einaudi nel 1961, dato che rifiutò la pubblicazione dell’opera critica di Friedrich Nietzsche. E l’anno seguente fondò una nuova casa editrice, che pubblicò l’opera critica di Nietzsche: l’Adelphi. Con lui ci furono anche Giorgio Colli, Roberto Olivetti e Alberto Zevi e molti altri.
Il nome Adelphi è una parola greca che significa fratelli, sodali come furono i soci fondatori che la scelsero.

 Luciano Foà
Luciano Foà

Consulente editoriale di Adelphi e anche di altri editori nel corso della sua vita, Roberto Bazlen fu colui che diede un importante impulso alla casa editrice. Per lui l’ Adelphi fu la casa editrice di Nietzsche come anche di molti altri autori ritenuti unici: “In definitiva il libro unico è quello dove subito si riconosce che all’autore è accaduto qualcosa e quel qualcosa ha finito per depositarsi in uno scritto.”

Significativa fu la pubblicazione delle opere di Croce, Buchner, Keller e Dossi nella collana Classici.

I Classici, citando il pieghevole promozionale che ne accompagnò la pubblicazione, non sono “pietre di paragone o di intoppo, ma opere e autori che ci appariranno, a mano a mano che procederemo, contemporanei e necessari”.

Collana "Classici" Adelphi
Benedetto Croce “Etica e Politica” Collana Classici Adelphi

La veste grafica della casa editrice venne affidata a Enzo Mari, a cui si arrivò attraverso Solmi.

E’ Michele Ranchetti, curiosa e inclassificabile figura di intellettuale, a suggerire di utilizzare uno schema grafico di Aubrey Beardsley, incisore e illustratore inglese dell’Ottocento, per le copertine dei libri della Biblioteca Adelphi (1965).

Illustrazione Aubrey Beardsley Adelphi
Illustrazione di Aubrey Beardsley utilizzata da Adelphi per Padre e figlio di Edmund Gosse (1965)

Sarà proprio questa la collana che definì l’intera proposta culturale della casa editrice, almeno sino agli anni ottanta (“una collana che garantisca una assoluta libertà di movimento: esperienza viva, piena e insolita”); lì continuarono a uscire libri e autori pensati da Bazlen, Foà, Calasso e Solmi.

Furono autori novecenteschi, anche appartenenti all’avanguardia letteraria e artistica, francesi e tedeschi, grandi narratori del periodo tra le due guerre, fino ad allora trascurati dall’editoria italiana, ma ci furono anche autori di testi religiosi, classici orientali e libri di esperienze di vita.

I primi titoli della Biblioteca Adelphi furono L’altra parte di Alfred Kubin, Padre e figlio di Edmund Gosse, Manoscritto trovato a Saragozza di Potocki, Al paese dei Tarahumara di Antonin Artaud; i primi tre uscirono nel 1965. In quell’anno morì Bobi Bazlen e il colpo fu forte per tutti.
Per fortuna lasciò lettere e schede di libri da pubblicare che furono usati saggiamente negli anni successivi.

Ritratto giovanile di Roberto Bazlen detto Bobi Bazlen

Accanto alle collane storiche che comprendono autori come Simenon, Sacks, Simone Weil e Rot, si affiancarono diverse collane minori.

“Fabula”, interamente dedicata alla narrativa, inaugurata nel 1985 con il best-seller “L’insostenibile leggerezza dell’essere” di Kundera e comprendente opere della Ortese, di Maurensig, di T. Bernhard;

“Adelphi”, collana di tascabili con riprese dal catalogo come Simenon;

Varie collane di saggistica come Collezione Il Ramo d’Oro per la religione, l’antropologia e la mitologia, Biblioteca filosofica, Biblioteca orientale, Biblioteca scientifica, Ethologica.
Inoltre furono ideate collezioni speciali dedicate a Roberto Bazlen, Carlo Michelstaedter, Sergio Solmi ed Emanuele Severino.

Con la crisi economica del 1964, l’Adelphi si legò più strettamente alla casa editrice Boringhieri;

entrò nella rete commerciale della casa editrice torinese, ma subito dopo acquisì la Frassinelli, nel cui portafoglio titoli c’erano Hesse, Joyce, Kafka, Melville e quello che divenne il long-seller per eccellenza di Adelphi, Siddharta.

In quel periodo l’Adelphi cambiò anche la rete di distribuzione. Intanto uscirono i primi volumi dell’opera di Nietzsche: Aurora, le Note azzurre di Dossi a cura di Dante Isella, i Saggi di Montaigne.

Tra il 1968 e i primi anni settanta la produzione della casa editrice invece di espandersi si contrasse: da 17 titoli nel 1968 a 13 nel 1970.

E ciò nonostante nacque la collana La piccola biblioteca Adephi, meglio nota come PBA nel 1973 con Hesse Pellegrinaggio in Oriente. Collana molto fortunata ancora oggi.
Roberto Calasso diventò sempre di più una figura di rilievo e nel 1971 divenne direttore editoriale della casa editrice.

Il successo editoriale iniziò alla fine degli anni settanta, quando mutò il paesaggio culturale italiano: il crollo dei miti e delle ideologie politiche del dopoguerra.

In questa ampia vicenda Luciano Foà assunse almeno tre ruoli significati: editore, traduttore e curatore di volumi. Armato di piccole matite e fumando sottili sigarette, corresse, risistemò sino agli ultimi anni (morì nel 2005).
I suoi autori, che pubblicò come traduttore con l’Adelphi, furono Goethe, Kafka, Walser, ma anche Huxley e Norman Douglas.
Tradusse , usando lo pseudonimo di Luciano Fabbri, almeno due libri di Joseph Roth, e rivide tutte le traduzioni di questo autore, come di Konrad Lorenz, Hoffmansthal e Walser.

Oggi la casa editrice rimane di proprietà di Roberto Calasso e di altri soci di minoranza.
E come avrete avuto modo di capire dalla storia, questa casa editrice è strettamente connessa alla persone che ci hanno lavorato, dedicandoci la vita.

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