Nuovo appuntamento con „Art Meeting„, questa volta incentrato sui falsi nell’arte antica.
Possiamo dire senza ombra di dubbio che fare falsi nell’arte…sia un’arte! E come ogni arte ha avuto i suoi Maestri.
Ricordiamo tra gli altri Icilio Federico Joni (1866-1946), capostipite dei falsari specializzati in arte toscana; produttore di innumerevoli tavole “trecentesche” molto ben fatte, tanto da finire in importanti collezioni e musei, tra i quali il Metropolitan di New York.
Di lui si ricorda anche un curioso vezzo, che lo apparenta a tanti spavaldi fuorilegge di hollywoodiana memoria. Quasi per sfida ha “firmato“ parecchie sue opere con un misterioso acronimo PAICAP, vergato in caratteri antichi; pare significasse “Per Andare In C*** Al Prossimo”….
Come ogni arte, anche l’arte del falso non può prescindere da una costante e continua ricerca.
Nel corso del ‘900 infatti si sono evoluti in maniera significativa sia gli studi critici e stilistici su autori e scuole antiche sia la possibilità di indagare scientificamente la materia di cui si sostanzia ogni opera d’arte. Due campi di indagine di cui i falsari devono costantemente tenere conto.
Gli storici e i critici d’arte indagano il dipinto o l’opera dal punto di vista stilistico, analizzandone elementi caratteristici del tal autore o del periodo con la capacità di individuare eventuali incoerenze interne; i restauratori sono in grado invece di rilevare invece nell’opera incongruenze tecniche o materiche: colori non usati nell’epoca, supporti lignei tardi, tele non coeve.
L’abilità dei falsari si è dovuta quindi evolvere nel tentare di aggirare le nuove tecniche di indagine.
La diffusione dei falsi è sicuramente più estesa di quanto possiamo immaginare.
Ma se ovviamente i falsi che fanno notizia sono quelli legati ad opere importanti, museali appunto, oggi esaminiamo un esempio di falso meno eclatante.
Però più interessante per noi, perché ci fa intuire come il falso sia diffusissimo anche e soprattutto in opere di livello più basso.
Opere che possono essere presenti nelle raccolte di collezionisti privati.
Un forte impulso al mercato del falso in Italia è avvenuto tra gli anni ’80 e ’90; l’aumento esponenziale della domanda di opere antiche rispetto alla loro effettiva disponibilità sul mercato, è stata un’occasione per molti falsari per produrre e vendere opere contraffatte.
Le due tele che esaminiamo provengono da una importante collezione marchigiana.
Furono acquistate negli anni ’80 dal precedente proprietario, che le collocò con piacere in bella vista all’interno della sua esposizione privata. Gli ovali presentano tratti pittorici e stilistici che rimandano senza esitazione all’opera di Antonio Francesco Peruzzini (1643-1724). Noto pittore di origine marchigiana, divenne tra i più ricercati e noti paesaggisti italiani. Molto apprezzata la sua capacità di inserire in paesaggi di fantasia personaggi dipinti con una libertà di tratto innovativa (si vedano ad esempio le innumerevoli versioni dei “frati penitenti nel paesaggio”).
La stessa velocità e libertà di tratto fu poi ripresa ed ulteriormente ampliata dal Magnasco, con cui Peruzzini collaborò. Lo caratterizzarono anche scelte di soggetto legato a naufragi, desunti da modelli nordici, o al mare in tempesta, come nella nostra tela qui in esame.
E dunque, senza ombra di dubbio, la coppia di dipinti sarà stata celebrata come “ottima produzione del noto pittore” e come tale venduta.
Ma esaminando il retro del dipinto, salterà subito agli occhi di un neofita che il telaio sul quale è montata la tela è nuovo, recentissimo, di legno chiaro; ma qui interverrà il collezionista proprietario delle opere a riprendere l’ingenuo amico, spiegandogli che “il dipinto è stato restaurato dal precedente proprietario, e dunque è stato ritelato, cioè la vecchia tela è stata tesa su una tela nuova, più robusta, con telaio rifatto”.
E proprio qui sta l’astuzia del falsario: proporre un’opera contraffatta ritensionandola su una tela antica di valore basso.
Il collezionista, fiero della sua competenza, illustrerà all’amico come sul bordo del dipinto, tolto dalla sua cornice, si vedano chiaramente la tela nuova, e su di essa il bordino di quella antica, con una trama differente di tessitura, e con i segni di una preparazione di base antica.
Esaminando oggi la tela, è possibile sottoporla, oltre che ad un’analisi stilistica, anche ad una analisi tecnica più approfondita .
In modo particolare, nei dipinti in oggetto, da un semplice esame visivo con lente contafili, ci appare una superficie pittorica certamente coerente per pennellate e tratti, ma assolutamente povera di….“rughe”.
Si tratta di uno degli esami visivi più semplici ed efficaci da svolgere.
La vernice invecchia e su di essa si formano piccole spaccature (è il cosiddetto “cretto” o craquelure ); per esperienza si può arrivare osservandole a determinare a grandi linee se queste siano coerenti con l’epoca presunta dall’esame stilistico.
In realtà esistono modalità relativamente semplici per produrre un cretto artificiale, utilizzando forni a temperature comprese tra i 100 e 200 gradi, che in poche ore provocano uno shock termico che induce spaccature forzate, come del resto anche il retro del dipinto può essere facilmente invecchiato visivamente passando olio leggermente bruciato sulla tela.
Ma anche il falso cretto può essere svelato con una analisi visiva che analizzi la craquelure nella sua diffusione sui diversi colori. I colori nella pittura antica sono derivati da elementi naturali, che reagiscono in modo differente al passare del tempo. Ciò significa che un cretto naturale deve presentare spaccature che avranno una intensità ed un decorso diverso passando da colore a colore.
Insomma, per analizzare seriamente un’opera d’arte antica dobbiamo tenere conto di tutta una serie di elementi che vanno dalla stilistica della rappresentazione, al tipo di supporto ligneo e di tela, al tipo di vernice usata ed al suo invecchiamento.
Per farlo in modo efficace è ovviamente necessaria una competenza ed una lunga pratica, grazie a cui “notare” quegli elementi non coerenti, che suggeriscano un approfondimento dell’esame.
Laddove l’esame visivo con analisi del cretto, dei supporti, della reazione alla fluorescenza con lampada di wood, lascino ancora dubbi o perplessità, esistono oggi tutta una serie di accertamenti più specialistici.
Dall’esame radiografico, all’analisi chimica della pittura, alla dendrocronologia per la datazione dei supporti lignei, alla fluorescenza a raggi UV con lampade più potenti, tutti praticabili in appositi laboratori specializzati.
Per chi volesse approfondire l’argomento consiglio la lettura del “Manuale illustrato del collezionista d’arte” di G. Matthaes, un testo interessante, completo e di facile lettura. Il suo autore è stato il fondatore del “Museo d’arte e scienza”, a Milano, con annessi laboratori di analisi scientifica di oggetti d’arte.
Alla prossima con un nuovo approfondimento dedicato all’Arte.
A presto!