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Il fascino dell’oriente in una manifattura piemontese

Lo stile chinoiserie ebbe una grande diffusione a partire dalla fine del Seicento, ma ebbe il momento di maggior fortuna durante il secolo successivo.

Inizialmente nacque come decorazione parietale, per la quale spesso venivano direttamente importate carte dipinte dall’oriente per essere poi inserite nelle coperture murali. Eccellenti esempi sono il Grande Salone della Reggia di Stupinigi e il Castello Reale di Racconigi.
Qui in particolare è apprezzabile un’infilata di stanze tappezzate da carte di altissima qualità e arredate con vasi e altri arredi sempre in stile chinoiserie.

Certamente il fascino esotico e il richiamo a una cultura lontana come quella cinese erano molto ricercati, soprattutto per gli ambienti di rappresentanza, destinati ad accogliere gli ospiti.

Il richiamo di tradizioni figurative lontane aveva lo scopo di stupire i visitatori, ma al contempo di dimostrare l’alta levatura sociale dei proprietari. Soprattutto nel caso in cui si trattava di originali direttamente importati dalla Cina, infatti, i nobili esponevano un’ulteriore e tangibile prova della loro ricchezza e della capacità di procurarsi articoli ricercati e preziosi. Anche da un punto di vista estetico, le decorazioni spesso dorate e caratterizzate da un forte dinamismo, rispecchiavano pienamente la moda dell’epoca.

L’esotismo di influenza orientale venne ampiamente ripreso anche nel corso dell’Ottocento.

Risale infatti al 1888 la costruzione di uno dei più celebri ambienti che seguiva questa moda: il “Salottino Giapponese” (in realtà d’ispirazione cinese) presso il Palazzo del Quirinale a Roma. Fu allestito nel 1888 nell’ala lunga, in occasione della prima visita di Guglielmo II, imperatore di Germania. Furono reimpiegati i settecenteschi pannelli in lacca nera e oro provenienti dalla Venaria Reale di Torino, sui quali sono rappresentati paesaggi fluviali e lacustri, con padiglioni, ponti, alberi ed edifici.

Anche il mobile protagonista del nostro Classic Monday presenta una decorazione simile, con lacca rossa e figure dorate a rilievo in stile chinoiserie.

Se la struttura del comò, di produzione piemontese, fu realizzata a metà del Settecento, la lacca risale invece alla metà dell’Ottocento. Lo stile Barocchetto che ne caratterizza le forme si palesa nei fianchi e nel fronte mossi e ben si coniuga con la decorazione a chinoiserie. Scene di vita rurale e militare, che richiamano però l’esotismo orientale con paesaggi fluviali e architetture che riprendono le pagode, si ritrovano infatti sui fianchi, sui due cassetti del fronte e anche sul piano. Le vedute sono arricchite da una rigogliosa vegetazione e da animali esotici, e sono popolate da figure dall’abbigliamento orientale, alcune della quali a cavallo.

Nel nostro caso si tratta di un mobile di fattura piemontese, per il quale gli artigiani hanno preso ispirazione dallo stile cinese, a quell’epoca già ampiamente diffuso e apprezzato. Non è difficile immaginare il nostro comò all’interno di un locale arredato con lo stesso gusto, sulla moda dei gabinetti all’orientale dei grandi palazzi nobili.

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