La tradizione della lavorazione del legno è molto radicata nella provincia bergamasca. Tale pratica era maggiormente diffusa nelle valli, dove ovviamente la disponibilità della materia prima era superiore.
Dalle prime semplici costruzioni, caratterizzate da una decorazione ancora essenziale, col passare del tempo ci si specializza nella realizzazione di apparati ornamentali sempre più complessi, sia a intaglio che a intarsio. Questa tradizione si consolidò soprattutto nel corso del XVI secolo, quando ebbero avvio alcune tra le più importanti botteghe e videro la luce le opere più note dell’arte del legno.
Fu il secolo che vide la nascita della celebre bottega dei Fantoni, famiglia longeva e prolifica nella realizzazione di opere e interi apparati lignei. Ma anche la cultura della tarsia lignea venne apprezzata, come dimostra la collaborazione tra l’intarsiatore Giovan Francesco Capoferri e Lorenzo Lotto, tra i più rinomati artisti dell’epoca, per la realizzazione del coro della Basilica di Santa Maria Maggiore a Bergamo.
Si può facilmente intuire come per la realizzazione di opere simili fossero necessarie delle botteghe ben avviate e organizzate; caratteristica comune una precisa suddivisione dei compiti.
I “marangoni”, i falegnami, si occupavano di costruire il mobile che doveva avere caratteristiche di solidità ma allo stesso tempo di eleganza.
Progressivamente anche l’apparato decorativo divenne più raffinato e articolato. Si rese dunque necessario l’intagliatore, figura specializzata a seguito di un’apposita scuola e formazione in bottega.
Anche l’intagliatore doveva infatti conoscere le qualità del legno e sapere come lavorarlo, ma doveva possedere anche una certa creatività per la realizzazione del disegno.
I mobili, un tempo semplici, vengono ora abbelliti con motivi fogliacei, mascheroni grotteschi, putti, cariatidi e telamoni che sostituiscono i montanti. Le commissioni più rinomate erano quelle ecclesiastiche, per arredi di chiese, dove le opere lignee potevano essere ammirate da tutta la comunità di fedeli.
Grande attenzione veniva dedicata alla realizzazione di altari, pulpiti, banchi e armadi di sagrestia. Non meno ricercate erano certamente le commissioni di famiglie appartenenti alla nobiltà, che spesso consentivano all’artista di rientrare nel circolo degli artigiani richiesti dall’élite nobile.
Anche nel secolo successivo questa tradizione rimase radicata in aree geografiche come la Valle Brembana, tanto che ancora oggi le chiese della valle ospitano importanti apparati lignei. L’arredo liturgico influenzò anche quello privato.
È il caso dei protagonisti del nostro Classic Monday, due inginocchiatoi di produzione bergamasca.
Certamente destinati a uso privato, probabilmente da collocarsi nella camera da letto del committente.
Entrambi in legno di noce, sul fronte presentano un’anta sormontata da un cassetto e sono riccamente decorati con un intaglio ligneo. Una coppia di cariatidi ne costituiscono i montanti, mentre al centro dell’anta ci sono mascheroni grotteschi, ripresi nella fascia superiore, nei dadi che connettono al piano.
Sono però presenti delle differenze nell’intaglio, come se i due inginocchiatoi fossero stati realizzati da mani differenti.
Se uno mostra un intaglio più “rifinito”, l’altro, anche in virtù della maggiore antichità, mostra figure ancora arcaiche.
Gli artigiani e la bottega alla quale appartenevano dovevano certamente aver ben presente il gusto dell’epoca, dove forme e figure tipiche delle grottesche cinque e seicentesche si trasformano in raffinate sculture lignee.
Le cariatidi e i mascheroni, insieme a motivi fitomorfi e altri animali mostruosi, erano molto diffusi nelle decorazioni definite grottesche, retaggio artistico derivato dal gusto rinascimentale e in particolare dall’apprezzamento dei motivi ornamentali riscoperti nella Domus Aurea neroniana. Nel Seicento tale eredità culturale permase, ormai rivestita di un nuovo habitus dal gusto pienamente barocco, come l’intaglio ligneo era in grado di rendere.