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La cura del mondo
Elena Pulcini
Bollati Boringhieri
Se il mondo è un insieme plurale di esseri singolari - come scandisce una nota formula filosofica -, un'etica all'altezza del fenomeno che chiamiamo «globalizzazione» non potrà che far valere sino in fondo le buone ragioni di questa coappartenenza, intervenendo sugli sviluppi disturbati, tipici della modernità e dei suoi esiti ultimi, e caratterizzati dalla cattiva polarità tra ossessione dell'io e ossessione del noi: individualismo illimitato nella sua versione tarda, narcisistica, e comunitarismo immunitario, che trova difensivamente alimento nel bisogno di un legame sociale ormai eroso. Entrambi configurano una patologia del sentire, l'uno per assenza, il secondo per eccesso di pathos. Secondo Elena Pulcini è appunto dalle passioni, dalla loro funzione cognitiva e comunicativa, che occorre ripartire. Si rivelerà decisivo riuscire a governare la paura, fondamentale passione della vita associata da riattivare attraverso una metamorfosi virtuosa, che al tempo stesso ne costituisca il risveglio emotivo e la ponga come precondizione dell'agire morale. Essere consapevoli della propria vulnerabilità di soggetti non sovrani e prendere atto della realtà della contaminazione sono i presupposti che insegnano, al di là di un astratto doverismo e di malinteso alturismo, ad avere paura per, invece che ad avere paura di. E paura per il mondo significa cura del mondo. Con l'idea di cura, intesa nell'accezione classica di preoccupazione e sollecitudine, si affaccia una nuova nozione, emancipativa, di responsabilità, dove l'accento è spostato sul rispondere a, sul venir meno della rigidità identitaria.