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Due antichi cassettoni
Due antichi cassettoni raccontano la loro storia.
La passione e il piacere d’osservare i piccoli particolari di un mobile, apparentemente insignificanti, ma capaci di far pian piano riapparire davanti a noi la storia di quell’oggetto, accomuna di solito i restauratori e affascina gli amanti dell’antico. E’ una ricerca appassionante perché sempre intrisa di dubbi e misteri: si ha continuamente la sensazione di aver colto un particolare in più del percorso dell’oggetto in questione, ma senza mai giungere a conoscerlo completamente.
Lascia poi spesso spazio alla fantasia: chi ha commissionato il lavoro?
Dove era collocato?
Che oggetti conteneva?
Perché ha cambiato di proprietario?
Volevo tentare di far gustare questo gioco raccontandovi il percorso di lavoro di studio e confronto tra due cassettoni che proporremo in vendita durante l’evento Antiquariato di Ottobre.
Il caso è particolarmente interessante: si tratta di due cassettoni piemontesi, acquistati dalla stessa famiglia, con caratteristiche simili, ma particolari diversi che li differenziano poi sostanzialmente nel valore.
Entrambi i cassettoni hanno sul fronte quattro cassetti mossi con profili ebanizzati, secondo il gusto del primo settecento piemontese.
Il primo cassettone, come si intravede dalla foto, è completamente lastronato con essenze d’ulivo e noce. La committenza doveva essere importante, dato che la lastronatura riveste tutta la superficie del mobile e usa l’ulivo come essenza principale con il noce inserito a toppo a formare le filettature decorative; osservando con attenzione si noterà che anche le lesene sono lastronate e i traversi dei cassetti lo sono addirittura con ulivo di testo.
Il disegno della mossa frontale e la costruzione, tipica della regione, ci avvertono che siamo in presenza di un mobile piemontese. Lo scheletro del mobile è costruito in assi di pioppo spesse più di due centimetri, il fondo è unito ai fianchi per mezzo di un incastro mezzo-mezzo tenuto da grossi chiodi, mentre i traversi sono inseriti a coda di rondine; il tutto veniva poi nascosto grazie alla lastronatura. Una caratteristica tipica è riscontrabile anche nel decoro che troviamo nei fianchi, che presentano una rosa dei venti inserita in volute semplici.
Tuttavia il decoro del mobile non è tanto ricco da collocarlo in una fascia di mobili di eccezionale pregio: le filettature infatti sono relativamente semplici, seppur sobrie ed eleganti.
Osservando con attenzione il cassettone, scopriremo anche dei segni di modifiche o correzioni o restauri effettuati nel corso dei suoi due secoli di storia.
I piedi, la parte più delicata del mobile, oltre ad essere in parte danneggiati, hanno subito sostituzioni nei supporti di innesto nella struttura. Possiamo verificare anche la sostituzione dello schienale, che, oltre ad essere incongruentemente in legno d’abete, presenta, visto dall’interno, evidenti segni di pialla a filo meccanica presente solo nei primi del novecento.
La modifica principale riguarda però il piano del cassettone; ad un primo esame, si possono notare due incongruenze: la prima è che il lastrone non presenta i movimenti e i sollevamenti che dovrebbe aver assunto nel tempo, la seconda è che il piano è decisamente meno decorato dei fianchi, mentre normalmente accadeva proprio il contrario.
Incuriositi da queste osservazioni, ad un esame più attento, scopriamo che il piano in noce massello è sì antico, ma presenta segni di un utilizzo diversi nella parte inferiore (tra l’altro avrebbe dovuto essere in pioppo), e che la lastronatura superiore è troppo sottile nello spessore per essere settecentesca.
Possiamo così supporre che il cassettone, nato con un piano di marmo, sia stato successivamente adattato al gusto dei proprietari.
A conferma di questa ipotesi, troviamo la firma della modifica sotto coperchio, dove è inciso “Boncio anni 1927 Torino”.
Abbiamo ricostruito fin qui la storia del mobile o almeno di una sua una parte, ed ora? Ricostituendo il piano con un marmo, il mobile tornerebbe forse alla sua struttura originaria, ma perderebbe un pezzo della sua storia. Lascio agli esperti queste riflessioni filologiche su cos’è etico fare su un mobile così antico e mi accontento d’essermi divertito nella sua analisi.
Ma veniamo al secondo cassettone.
Si tratta di un mobile nato per essere già strutturalmente importante e di pregio: tutta la struttura è in noce massello a vista e gli intarsi sono a toppo direttamente nel massello. La committenza era importante e ricca visti i materiali utilizzati e la scelta di un’ebanista sicuramente preparato sulle tecniche e le mode decorative dell’epoca: non si trattava certo di un falegname provinciale. Per questo motivo anche il nostro perito colloca la costruzione del mobile direttamente in Torino.
Il piano è un’asse unica di noce massello presa dal cuore di una pianta di notevoli dimensioni, spessa quattro centimetri così da non subire movimenti, unita ai montanti e alle traverse dello scheletro del mobile tramite incastri a coda di rondine. Il fondo e lo schienale in pioppo massello sono uniti al mobile, come visto nell’altro cassettone, tramite un incastro mezzo-mezzo e l’aiuto di chiodi; anche queste parti sono di notevoli dimensioni e vi possiamo notare i segni dello sgrossino che veniva utilizzato per sgrossare le assi tagliate che non necessitavano levigatura perché nascoste.
La stessa tecnica costruttiva la ritroviamo nei cassetti, dove la struttura in pioppo è unita al fronte in noce tramite i famosi incastri a coda di rondine. Il fronte mosso dei cassetti è direttamente intagliato nelle assi di noce. Mobile nato per essere robusto, non ha avuto bisogno di sostituzioni o interventi e questo l’ha portato a noi perfettamente integro, con l’eccezione di una spaccatura rincollata sul fronte di un cassetto.
Anche a livello decorativo l’intarsio in acero eseguito a toppo non solo rispecchia i canoni decorativi piemontesi dell’epoca, ma è realizzato con grande cura nell’esecuzione: è infatti inserito con precisione nel massello; le figure create del disegnatore sono complesse nelle volute, e fini e precise nel mazzo di rose, detto “mazzetto”, tipico decoro piemontese.
Così i tasselli, che vanno a formare i petali e la volute, non solo sono incisi, ma, per meglio marcarne i contorni, l’ebanista ha usato la tecnica dell’ombreggiatura tramite sabbia calda. Il profilo del piano e dei cassetti a “labbro di moro” ebanizzati esaltano l’armonia e l’eleganza del mobile.
Anche le serrature risulterebbero originali.
Siamo quindi davanti ad un pezzo davvero speciale. Non bisogna però dimenticare che l’esperienza insegna che è davvero un’eccezione che un mobile antico non abbia mai subito neanche un intervento. E allora, ad un esame più accurato, scopriamo che, oltre alla riparazione del cassetto di cui abbiamo accennato, troviamo tracce di restauro nel fondo e in alcuni intarsi. E’ probabile inoltre che anche la lucidatura sia stata nei secoli ripresa, anche se pare sicuro che il mobile non sia mai stato spatinato.
L’unico intervento significativo lo troviamo nelle maniglie e nelle bocchette che, pur essendo d’epoca corretta, sono state sostituite, come è possibile verificare osservando le correzioni nel buco della bocchette, fatte per adattarle alle serrature originali; nei cassetti inoltre troviamo delle toppe tonde a chiudere dei buchi che fanno pensare che il cassettone portasse dei pendenti a pigna tipici.
Termino questa lunga e appassionata descrizione ricordando che chiaramente queste verifiche sono nate grazie al confronto con molti colleghi e soprattutto alla collaborazione del nostro perito Vittorio Cuoccio, che ringrazio.